È ammissibile il sequestro impeditivo ai sensi dell’art. 321, 1 comma, c.p.p. nei confronti delle società ai sensi del D.Lgs. 231/01? Nella redazione del Decreto non fu prevista la possibilità di applicare ad enti e società il sequestro impeditivo. Nello stesso testo di legge infatti si legge che le due possibilità di sequestro previste dagli articoli 53 e 54 sono mirati, nel caso di accertamento della penale responsabilità dell’ente:
- il primo alla confisca di cui all’articolo 19;
- il secondo a garantire la capacità patrimoniale dell’ente nel corrispondere le eventuali sanzioni che potrebbero essere comminate.
Nel risolvere la questione non dobbiamo far altro che analizzare la sentenza della Corte di Cassazione n. 34293 del 2018 (scarica la Sentenza n. 34293 del 2018). In ambito di D.Lgs. 231/01 abbiamo già analizzato e valutato differenti aspetti che potete trovare qui.
Il fatto.
Il Giudice per le indagini preliminari di Trani, con decreto del gennaio 2018 ordinava ai sensi dell’art. 321 c.p.p., artt 322 ter, 640 bis e 640 quater c.p. il sequestro preventivo di impianti fotovoltaici e di una somma di quasi otto milioni di euro. Tale sequestro, ai sensi dell’articolo 321 1 comma c.p.p., si era reso necessario in quanto beni che avevano permesso la realizzazione di fatti reato e il conseguimento di erogazioni pubbliche che altrimenti gli indagati non avrebbero potuto ottenere. È quindi evidente che la libera disponibilità di siffatti impianti, in quanto beni pertinenti al reato, potrebbero aggravare, protrarre o agevolare la commissione di altri reati.
Questione di incompatibilità.
A causa della mancata previsione del sequestro impeditivo all’interno del D.Lgs. 231/01, era stata sollevata la questione dell’incompatibilità del sequestro ex art. 321 1 comma, c.p.p., con le sanzioni interdittive previste dall’art, 9 e dagli articoli 45 e seguenti dello stesso decreto.
Analisi del testo normativo.
Il D.Lgs. 231/01 prevede un complesso sistema di repressione degli illeciti commessi dall’ente, basato sulle sanzioni amministrative indicate nell’art. 9 ed applicate ex art. 69, qualora il processo si dovesse concludere con la condanna dell’ente.
Le predette sanzioni sono previste dall’art. 53 sequestro preventivo e dall’art. 54 il sequestro conservativo, ma questi sono applicabili solo ai fini di confisca ex art. 321 comma 2 c.p.p.. E’ per questi motivi che il sequestro di cui all’art. 53 del decreto non coincide con quello previsto dal primo comma dell’articolo 321 c.p.p.. Si contesta che il sequestro ai fini della confisca non abbia un raggio di azione ampio quanto quello previsto dal primo comma del 321 c.p.p. essendo più ristretto e limitato, in virtù dell’art. 19 al solo prezzo o profitto del reato.
Considerazioni
La mancata previsione della possibilità di un sequestro impeditivo (consistente nell’impedire che la libera disponibilità di un bene pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati), determinerebbe una incompatibilità con le sanzioni interdittive irrogabili nei confronti delle persone giuridiche anch’esse aventi la medesima finalità.
Analisi della sentenza.
Gli Ermellini sono stati quindi investiti di risolvere il quesito giuridico riguardante la paventata incompatibilità laddove la misura interdittiva abbia lo stesso effetto di un sequestro impeditivo. Ad esempio la misura interdittiva dell’esercizio dell’attività (che può essere disposta anche ex art. 16), paralizzando l’attività dell’ente può apparentemente sortire lo stesso effetto di un sequestro impeditivo che colpisca le cose pertinenti al reato.
Differenze tra sequestro impeditivo e misure interdittive previste dal D.Lgs 231/01.
La Suprema Corte ha valutato attentamente gli elementi distintivi tra il sequestro impeditivo e le misure cautelari previste dal decreto. Hanno quindi affermato che il campo di azione del sequestro impeditivo non coincide con le misure interdittive per una molteplicità di ragioni:
- la temporaneità: la misura interdittiva è temporanea mentre il sequestro è tendenzialmente definitivo ove, all’esito del giudizio di cognizione, sia disposta la confisca.
- l’effetto: mentre la misura interdittiva “paralizza” l’uso del bene “criminogeno” solo in modo indiretto (quale effetto di una delle misure interdittive), al contrario, il sequestro (e la successiva confisca) colpisce il bene direttamente ed eliminando, quindi, per sempre, il pericolo che possa essere destinato a commettere altri reati.
- l’oggetto: il sequestro è diretto contro le “cose” (non a caso, è denominato “reale”) che abbiano una potenzialità lesiva dei diritti costituzionali sicchè è finalizzato a sottrarle a chi ne abbia la disponibilità proprio a tutela della collettività: Al contrario, le misure interdittive sono dirette contro la società, tant’è che i criteri per la loro applicabilità sono stati parametrati su quelli delle misure cautelari personali (artt. 45-46).
La finalità del sequestro impeditivo.
Il sequestro impeditivo ha, quindi, una selettività che la misura interdittiva non ha. Se è vero che l’interdizione dell’esercizio dell’attività può paralizzare anche l’utilizzo delle cose “criminogene”, è anche vero che nulla vieta all’ente di continuare a disporre di quei beni: una cosa, infatti, è la paralisi dell’attività dell’ente (al fine di impedirgli di continuare a trarre profitto dal reato), ben altra cosa è il blocco di singoli e ben determinati beni che, ove non sequestrati, ben potrebbero continuare ad esplicare la loro carica criminogena. Ben potrebbero essere utilizzati dall’ente in altri rami dell’attività non colpita dall’interdittiva o perchè, addirittura, ceduti a terzi che continuino ad utilizzarli.
Il sequestro impeditivo, ha, quindi, una finalità che la misura interdittiva non ha: impedire l’utilizzo di singoli beni ed evitare, sottraendoli alla disponibilità dell’ente, che possano continuare – nonostante la misura interdittiva – quantomeno ad “agevolare la commissione di altri reati” con conseguente pericolo per la collettività.
Rapporto tra sequestro impeditivo e D.Lgs 231/01.
La Suprema Corte dopo aver chiarito l’ambito di azione del sequestro impeditivo ha determinato in che misura questo possa essere veicolato nell’ambito della normativa di cui al D.Lgs. n. 231/01. A livello sistematico, l’applicazione del sequestro impeditivo si può, innanzitutto, giustificare laddove si tenga presente che si tratta di un istituto generale (in quanto previsto nel cod. proc. pen.) che non trova ostacolo di natura logica-giuridica, per quanto si è ampiamente illustrato, ad essere applicato anche agli enti, proprio perché il pericolo di sovrapposizione con le altre misure interdittive non è ipotizzabile.
A livello letterale, la norma che consente di applicare il sequestro impeditivo anche agli enti, va rinvenuta nell’amplissimo disposto dell’art. 34 a norma del quale «per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato si osservano [….] in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271».
Conclusione della Corte.
Il che significa, in ultima analisi che, oltre all’espressa e speciale ipotesi prevista dall’art. 53, del sequestro preventivo del prezzo o del profitto del reato, nei confronti dell’ente deve ritenersi ammissibile anche la normativa generale del sequestro preventivo di cui all’art. 321 comma 1 c.p.p., spettando al Pubblico Ministero individuare di volta in volta, quello più funzionale all’esigenza cautelare che intenda conseguire.
Il principio di diritto espresso dalla Corte.
In tema di responsabilità dipendente da reato degli enti e persone giuridiche, è ammissibile il sequestro impeditivo di cui al comma primo dell’art. 321 c.p.p., non essendovi totale sovrapposizione e, quindi, alcuna incompatibilità di natura logica-giuridica fra il suddetto sequestro e le misure interdittive