Durante i lavori preparatori alla nuova legittima difesa, il Senato ha chiesto, mediante le consultazioni, alcuni pareri a soggetti autorevoli. Tra questi sono stati invitati a rendere le proprie osservazioni l’Unione delle Camere Penali Italiane. Analizziamo quindi le osservazioni critiche che sono state mosse partendo dal presupposto che il nuovo testo normativo (escluse le modifiche relative solo all’innalzamento delle pene edittali per il reato di violazione di domicilio, furto in abitazione e rapina) mira a rendere più certi i requisiti per l‘applicazione della legittima difesa. La configurazione attuale lascerebbe un notevole margine di discrezionalità al magistrato e questo comporterebbe che il cittadino, esercitando il diritto di difendersi, si ritroverebbe a dover subire un procedimento penale, rimanendo esposto ai relativi costi ed alle incertezze degli esiti del processo. (per approfondimenti cliccare qui Per leggere il nuovo testo dell’art. 52 c.p. cliccare qui)
In relazione alle modifiche delle pene edittali
Ebbene, con riguardo alle proposte di innalzamento dei livelli edittali, soprattutto dei minimi, per le ipotesi di violazione di domicilio semplice (n. 5) o aggravata (n. 234 ) o di furto domiciliare o con strappo (n. 652 e n. 412) o di rapina aggravata (n. 412), l’U.C.P.I. esprime parere nettamente contrario, ritenendo che l’aumento delle pene non sia affatto utile in termini deterrenti e dissuasivi, in quanto non è mai servito a scoraggiare la commissione dei reati in genere (ed in particolare di questa tipologia di reati), introducendo peraltro all’interno del sistema sanzionatorio delle pericolose sproporzioni.
In relazione alla necessità di rendere più certi i requisiti di applicazione della legittima difesa.
Occorre subito dire che le esigenze che si intendono soddisfare apportando da un lato modifiche alla struttura della scriminante, dall’altro al profilo della colpevolezza, risultano certamente velleitarie in quanto non sarà mai possibile evitare, tanto più negli episodi più gravi e controversi, che la Magistratura intervenga per valutare doverosamente la sussistenza della liceità del comportamento “difensivo” (in quanto solo in alcune rarissime ipotesi, ove esso risulti ictu oculi tale vi potrà essere o la non iscrizione a notizie di reato ovvero un immediato proscioglimento come già oggi avviene in base al diritto vigente).
Tuttavia, tali modifiche, oltre a non raggiungere quello scopo, finiscono anche con il trasfigurare quegli elementi che da sempre – e sotto ogni latitudine – contrassegnano la scriminante della legittima difesa: mai si potrà prescindere da una effettiva “necessità” di difendersi, se non correndo il rischio di trasformare la difesa in offesa, né si potrà rinunciare al requisito della proporzione tra offesa e difesa che, solo ove presente, potrà rendere “legittima” la difesa.
Né può parlarsi tout court di un “diritto di difesa” che per essere tale presuppone appunto sia la “necessità”, sia la “proporzione” e non la mera “non manifesta sproporzione”.
L’anticipazione della tutela.
Pericolosissima è poi la espressa previsione di una forma anticipata di tutela del domicilio:
- sia perché lascia intendere che attualmente il domicilio non possa essere “legittimamente” difeso (il che evidentemente non è, sempre che la difesa del domicilio da illecite intrusioni sia attuata nei limiti della proporzione e della necessità);
- sia perché rischia di legittimare forme di difesa solo apparente, istituendo una irragionevole presunzione assoluta di difesa (“legittima”) di colui che “compie un atto” (dunque anche di massima offensività) “per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione” (quindi anche per respingere in ipotesi un ingresso senza effrazione alcuna), “anche tentati” nel domicilio o appartenenze, commessi con violenza (e qui tecnicamente dovrebbe intendersi solo una violenza personale, visto che prima si è fatto riferimento all’effrazione e, dunque, ad una violenza sulle cose) o minaccia di uso di armi (e dunque la violenza ipotizzata sarebbe valutabile anche laddove non vi fosse l’uso di armi).
In relazione alla modifica dell’eccesso colposo.
Ritiene invece l’U.C.P.I. che attenta considerazione meritino le proposte che introducono, a certe condizioni, una presunzione di assenza di colpevolezza per chi reagisce sulla spinta emotiva della particolare condizioni in cui è avvenuta l’aggressione.
In questo modo non si stravolge l’istituto e si conferisce il giusto peso ai “diritti della paura”. All’atto pratico si estende la stessa regola all’erronea supposizione dell’esistenza di una scriminante (art. 59 c.p.), ma limitandone l’operatività alle sole ipotesi di legittima difesa “domiciliare” (attuale art. 52, commi 2 e 3, c.p.) e richiedendo che la reazione “eccessiva” o relativa ad una situazione “mal percepita” come integrante gli estremi della legittima difesa trovi origine in un “grave perturbamento psichico” causato dalla aggressione (reale o erroneamente percepita come tale).
Conclusioni personali.
Non posso che condividere pienamente tutte le considerazioni svolte dalla Unione delle Camere Penali senza però alcune perplessità per quanto riguarda la modifica dell’eccesso colposo. Se in linea di principio lo ritengo corretto e necessario, vedo nella sua possibbile applicazione non pochi problemi. Dov’è il limite per la sua applicazione? come è possibile determinare che un soggetto si sia trovato in uno stato emotivo tale da poter utilizzare la causa di esclusione della colpa? Probabilmente sarà necessaria una perizia psicologica. Ma questa sarà in grado di valutare un aspetto emotivo avvenuto anni prima? A queste domande purtroppo non può esserci una risposta certa. Non possiamo far altro che attendere e valutare la giurisprudenza che si andrà a formare con il tempo.