Lo sai che è reato provocare una epidemia? Lo prevedono gli articoli 438 e 452 del codice penale. Oggi si parla in modo molto vago e confuso del coronavirus e della possibile pandemia che ne possa derivare. Con il presente articolo non voglio assolutamente creare ulteriore allarmismo e per questo consiglio a tutti di visionare il sito del Ministero della Salute nella sezione dedicata al coronavirus (clicca qui) al fine di avere una corretta informazione.
Il nostro codice penale prevede specificatamente due articoli (uno per la fattispecie dolosa, l’altro per quella colposa) che puniscono il soggetto che provoca una epidemia. Ovviamente i codice non prevede specificatamente una epidemia di coronavirus.
Articolo. 438 del codice penale “Epidemia”.
Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo;
[il secondo comma è abrogato]
Chiariamo subito alcuni concetti espressi dalla norma. Per epidemia si intende una malattia infettiva per l’uomo, molto aggressiva e caratterizzata da una elevata capacità di diffusione. Per germi patogeni invece si intende i virus o altri microorganismi capaci di diffondersi tra la popolazione infettandola.
La norma tutela ovviamente la salute pubblica e richiede per una eventuale condanna del soggetto, che lo stesso fosse (al momento del fatto) ben consapevole di essere portatore del germe patogeno con efficacia epidemica e che, senza prendere alcuna precauzione, lo diffonda volontariamente. Questo articolo non ha riscontri giurisprudenziali e pertanto ritengo che non sia mai stato applicato.
Articolo 452 del codice penale “Delitti colposi contro la salute pubblica”.
Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:
- con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte;
- la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo;
- con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione.
Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.
In questo caso per addivenire ad una sentenza di condanna non è necessaria la consapevolezza del soggetto di essere portatore del germe patogeno o del virus unitamente alla volontà della diffusione. È sufficiente che vi sia stata la colpa (intesa come imprudenza, imperizia o negligenza) di sottovalutare alcuni aspetti. Tra questi per esempio la mancanza di attenzione a sintomi quali la febbre o la tosse se nei giorni precedenti si era stati a contatto con delle persone contagiate o provenienti da zone infette ecc.. I riscontri giurisprudenziali relativi a questo articolo si riferiscono a sofisticazioni di alimenti o bevande. Non ho trovato alcun riferimento ad una diffusione colposa di virus che si diffondono per via aerea come il coronavirus.
Conclusione in relazione al coronavirus.
In relazione alla triste situazione che stiamo vedendo oggi con il coronavirus, si può sostenere che un soggetto di rientro dalle zone “calde” della Cina, con sintomi di febbre e tosse, invece di ricoverarsi immediatamente, continui a circolare liberamente diffondendo il virus. Virus di cui il soggetto non ha la certezza di avere ma non può non averne il sospetto. La colpa in questo caso verrebbe ravvisata nel non aver rispettato le ordinarie regole di diligenza nonché quelle dettate dal Ministro della Salute. Per tale comportamento, qualora ne dovesse derivare una epidemia, potrebbe essere accusato di aver colposamente commesso un reato contro la salute pubblica.
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