L’Inail con la circolare numero 13 del 3 aprile 2020 aveva inquadrato l’infezione da coronavirus al pari di un infortunio sul lavoro. Questo in quanto “secondo l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie (Linee-guida per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie di cui alla Circolare Inail 23 novembre 1995, n. 74), l’Inail tutela tali affezioni morbose inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro: in questi casi, infatti, la causa virulenta è equiparata a quella violenta”. Questa definizione, riportata anche nelle F.A.Q. presenti sul loro sito ha destato non poche perplessità e preoccupazioni per le società e per i datori di lavoro.
Infortunio sul lavoro
L’infortunio sul lavoro è definibile come l’evento traumatico, avvenuto per una causa violenta sul posto di lavoro o anche semplicemente in occasione di lavoro, che comporta l’impossibilità di svolgere l’attività lavorativa per più di tre giorni.
L’infortunio sul lavoro può essere causato sia da una mancata attuazione delle norme sulla sicurezza da parte del lavoratore che per mancanza di attuazione delle predette dal datore di lavoro. In linea generale si tratta del sintomo più evidente del mancato rispetto degli obblighi di prevenzione previsti per tutelare la salute dei lavoratori. La legge, oltre a prevedere una specifica assicurazione obbligatoria per indennizzare i lavoratori (l’Inail) che subiscono uno di questi eventi, che copre anche gli infortuni che si verificano nel tragitto che il lavoratore compie per recarsi sul luogo di lavoro o per rientrare a casa (il c.d. infortunio in itinere).
Quali dubbi
Catalogare il contagio da coronavirus come un infortunio determina che il datore di lavoro potrebbe essere considerato responsabile di non aver attuato tutte le misure necessarie per evitare il contagio. Questo comporta che il datore o la società possono subire un procedimento penale per lesioni se non addirittura, nei casi più nefasti, per morte del lavoratore. Subito aziende e giuslavorativisti hanno sollevato le rispettive perplessità. Da un lato hanno evidenziato le difficoltà per poter accertare il nesso di causalità (ovvero che il contagio sia avvenuto nei locali di lavoro), dall’altro l’automatismo dell’apertura di un fascicolo nella procura di riferimento con conseguente iscrizione nel fascicolo degli indagati per il datore di lavoro (imprenditore e o società).
Per questo ultimo motivo che il presidente di Confindustria ha chiesto di “esentare dalla responsabilità penale l’azienda che abbia rispettato in modo scrupoloso il Protocollo per la sicurezza sui luoghi di lavoro” (Fonte il Fatto Quotidiano). In altre occasioni altre personalità di spicco hanno chiesto l’applicazione di un vero e proprio “scudo penale” per datori di lavoro e società essendo l’emergenza coronavirus catalogata come pandemia.
La risposta dell’Inail sul coronavirus
L’inail con un comunicato stampa del 15 maggio 2020 ha provato a chiarire alcuni aspetti. Infatti “In riferimento al dibattito in corso sui profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro per le infezioni da Covid-19 dei lavoratori per motivi professionali, è utile precisare che dal riconoscimento come infortunio sul lavoro non discende automaticamente l’accertamento della responsabilità civile o penale in capo al datore di lavoro […] Pertanto, il riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale, considerata la vigenza in tale ambito del principio di presunzione di innocenza nonché dell’onere della prova a carico del pubblico ministero. E neanche in sede civile il riconoscimento della tutela infortunistica rileva ai fini del riconoscimento della responsabilità civile del datore di lavoro, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo per aver causato l’evento dannoso.”
Le mie perplessità sul’infortunio causato dal coronavirus
Osservo che il comunicato stampa dell’Inail non è stato utile per fugare i dubbii. Infatti ribadendo che il riconoscimento dell’infortunio non assume alcun rilievo per sostenere l’accusa in sede penale non dice nulla di nuovo. Resta il fatto che per tutti quei reati procedibili di ufficio come lesioni gravi o morte del lavoratore, il fascicolo si apre in automatico. L’apertura di un fascicolo comporta, oltre che ripercussioni per l’imprenditore o datore di lavoro, anche per l’azienda. Quest’ultima qualora non dovesse aver aggiornato il proprio Modello di organizzazione, gestione e controllo, potrebbe anche subire un notevole pregiudizio.
Considerando: la facilità di trasmissione del coronavirus, le difficoltà di poter definire correttamente il nesso di causalità, gli asintomatici che circolano liberamente ecc. appare veramente eccessiva la possibile “ritorsione giuridica” nei confronti di un onesto imprenditore che, nonostante tutte le indicazioni, controlli e rispetto dei Protocolli, possa trovarsi a dover affrontare anche un procedimento penale. Ovviamente questo discorso non vale per tutti gli imprenditori che non rispettano i Protocolli e che non prendono tutte le misure idonee per prevenire la diffusione del virus.
In conclusione
Ritengo che sia necessario in tale ambito un intervento del governo per chiarire le responsabilità di un eventuale contagio per coronavirus sul luogo di lavoro. Vero è che la circolare dell’Inail si riferisce solo ed esclusivamente a tutti i lavoratori che si trovano in constante contatto con il pubblico. Mentre negli altri casi l’accertamento medico legale seguirà l’ordinaria procedura tenendo conto degli elementi epidemiologici, clinici, di anamnesi e delle circostanze di lavoro.
Ad ogni modo, al fine di intraprendere ogni attività utile per tutelarsi, l’imprenditore, azienda o società, dovrebbe aggiornare immediatamente anche il proprio Modello di Organizzazione Gestione e Controllo al fine di evitare oltre al danno anche la beffa. Per tutte le aziende che hanno già adottato il Modello o che hanno adottato il Documento della Valutazione dei Rischi consiglio di leggere l’articolo sulla responsabilità amministrativa delle società al tempo del coronavirus (leggi qui).