Offrire consulenza legale o assistenza legale gratuita oppure a prezzi irrisori da parte di avvocati e studi legali costituisce illecito disciplinare. Lo ha ribadito il Consiglio Nazionale Forense con sentenza n.148 del 2019. Purtroppo, soprattutto sul web, ci sono decine e decine di annunci che offrono consulenza legale gratuita. Già in un precedente articolo avevo parlato negativamente della consulenza legale gratuita (clicca qui) senza però approfondire il discorso deontologico e del profilo di illeceità.
Il caso.
Un avvocato è stato segnalato al consiglio disciplinare di disciplina della propria regione perché:
- al solo scopo di acquisire un cliente, aveva proposto ad una persona che il pagamento dei propri onorari sarebbe avvenuto solo in caso di vittoria;
- dopo aver ottenuto l’incarico, l’avvocato ha comunque richiesto ed ottenuto il pagamento di una somma. Tali somme erano state imputate (falsamente) ad alcune spese processuali;
- dopo l’esito negativo del primo grado, l’avvocato ha proposto e convinto il proprio cliente offrendo la propria prestazione gratuita sia per l’appello che per un eventuale ricorso in Cassazione;
- prima della decisione del primo grado L’avvocato era stato raggiunto da un provvedimento di sospensione dall’esercizio della professione per accaparramento illecito di clientela. Tale provvedimento è stato impugnato e per evitare di perdere il cliente, aveva falsamente affermato che oramai il procedimento era a nome suo e quindi doveva continuare lui ad essere l’avvocato;
- l’impugnazione riguardava sia l’insussistenza dell’illecito disciplinare di accaparramento della clientela che l’eccessività della pena.
La decisione del Consiglio Nazionale Forense.
Nella sentenza il CNF rileva che il divieto generale previsto in apertura della medesima disposizione proibisce, invece, più genericamente, qualsiasi condotta finalizzata all’acquisizione di clientela che sia posta in essere con modalità non conformi alla correttezza e al decoro. Costituisce illecito disciplinare l’informazione, diffusa anche attraverso siti internet, fondata sull’offerta di prestazioni professionali gratuite ovvero a prezzi simbolici o comunque contenuti bassamente commerciali, in quanto volta a suggestionare il cliente sul piano emozionale, con un messaggio di natura meramente commerciale ed esclusivamente caratterizzato da evidenti sottolineature del dato economico.
Sul punto, è costante l’interpretazione del Consiglio Nazionale Forense ritenere che non è accettabile né rispettoso dei principi deontologici utilizzare l’apparente gratuità della prestazione per accaparrarsi clienti che, altrimenti, potrebbero non conferire l’incarico. L’offerta di prestazioni gratuite non è di per sé una violazione da parte delle norme o del Codice Deontologico Forense, ma non deve mai essere finalizzata ad ottenere dei vantaggi né diretti né indiretti.
Assistenza legale gratuita o pro bono.
Il termine pro bono deriva dal latino e indica la consulenza o l’assistenza resa da un avvocato, volontariamente ed a titolo gratuito, per il bene comune. L’esercizio di attività pro bono è diretta espressione della funzione sociale dell’Avvocatura, sancita dall’articolo 8 del Codice Deontologico Forense. [1]
L’attività legale prestata pro bono è legale, purché caratterizzata da scopi altruistici, di amicizia, di solidarietà, convivenza o parentela. A ribadirlo è stata la Cassazione in più occasioni[2]:
“[…] la corte territoriale ha infatti correttamente applicato, fornendo adeguata motivazione, il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui il principio dell’inderogabilità dei minimi tariffari, stabilito dalla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24 sugli onorari di avvocato, non trova applicazione nel caso di rinuncia, totale o parziale, alle competenze professionali, allorché quest’ultima non risulti posta in essere strumentalmente per violare la norma imperativa sui minimi di tariffa, ma per ragioni di amicizia, parentela o anche semplice convenienza (Cass. 21.7.1998, n. 7144; Cass., 10.4.1999, n. 3495; Cass., 27.9.2010, n. 20269)”
Conclusioni.
In conclusione è ammessa la consulenza legale gratuita solo quando rispecchia i caratteri di una attività pro bono. In tutti gli altri casi è riconducibile ad un illecito disciplinare.
Personalmente ritengo che essere un avvocato (e non fare l’avvocato) significa essere anche animato da un senso civico e solidaristico. Questo significa che svolgere attività pro bono può essere solo un fiore all’occhiello dell’attività professionale svolta (leggi cosa significa per me essere un grande avvocato).
Come avere una consulenza.
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Note.
[1] Definizione tratta dal sito probonoitalia.org
[2] Tra tutte, ordinanza Corte di Cassazione Cass. sent. n. 17975/2017.