La legge anti-stalking ed il codice rosso dovevano essere delle misure per fornire anche una tutela preventiva le donne. Dai dati Istat (clicca qui per approfondire) e del Viminale (clicca qui per leggere la relazione integrale del Viminale. Relazione primo semestre 2021) questo però sembra non accadere. Mi sono chiesto il perché di tutto questo e studiando la letteratura scientifica sul punto penso di essere arrivato ad una conclusione che ovviamente è una delle tante possibili interpretazioni e, pertanto, è ben accetta qualsiasi altra interpretazione o contributo vogliate dare.
Cosa ci dicono i dati.
I dati, così come ne ho già parlato in altri articoli, ci dicono che in questi ultimi anni i reati relativi alle violenze di genere ed in particolare quelli contro le donne all’interno di una relazione o del nucleo familiare, oscillano lievemente ma senza alcuna diminuzione di rilievo, anzi, in alcuni casi aumentano. Il Viminale, nella sua relazione annuale sui femminicidi, analizza anche i cosiddetti reati spia. Questi sono lo stalking, i maltrattamenti in famiglia, le violenze sessuali ecc. Tutti reati che, sempre secondo il Ministero dell’Interno, sono il presupposto per i femminicidi.
Il periodo di riferimento è primo semestre 2020 e primo semestre 2021. Dalla relazione si evince che nonostante una complessiva e leggera diminuzione in generale dei reati contro le donne, se diminuiscono leggermente lo stalking e i maltrattamenti in famiglia, aumentano gli stupri mentre sono perfettamente identici i femminicidi.
Le buone intenzioni della norma anti-stalking e del codice rosso.
In linea generale la norma penale dovrebbe avere una doppia funzione: quella preventiva e quella repressiva[1].
- La funzione preventiva si ha nel momento in cui, i cittadini, consapevoli che il loro comportamento è sanzionato penalmente, desistono dal porlo in essere.
- Quella repressiva consiste nel punire il cittadino che attua un comportamento previsto dalla legge come reato nella speranza che, con l’espiazione della pena, questo capisca il disvalore sociale del proprio comportamento e si astenga in futuro dal commetterlo nuovamente.
Sicuramente quando nel 2009 è stato introdotto il reato di stalking (clicca qui per approfondire), le intenzioni erano delle migliori. Per la prima volta nel nostro paese si considerava reato tutta una serie di comportamenti che prima, se andava bene, rientravano nel concetto di molestie. Telefonate continue, regali non voluti, appostamenti, pedinamenti e pressione psicologica ora costituiscono il reato di stalking.
Con l’introduzione del codice rosso poi sono state elevate le pene e le sanzioni, sono state previste procedure più veloci e introdotte delle specifiche misure cautelari che dovrebbero mettere al sicuro l’incolumità della vittima.
Tutto questo è stato fatto per dare una maggior tutela possibile alla vittima ma, vedendo i dati, non sembra che vi sia un effetto preventivo. Questo perché quando si sporge denuncia, l’effetto preventivo si è già perso entrando nella fase della repressione.
Perché la legge contro lo stalking ed il codice rosso non funzionano come dovrebbero.
Perché non riescono ad avere quella forza preventiva necessaria. Il fatto che successivamente si condanni un soggetto, questo è un fallimento perché vuol dire che la vittima c’è. Il numero delle condanne dovrebbe essere minimo invece continuiamo ad avere i tribunali pieni di reati di stalking con un numero incredibilmente alto di vittime.
Come abbiamo visto non è servito elevare ancora di più le pene (con l’introduzione del codice rosso), e di certo non si può dare l’ergastolo a chi, lungi dall’essere pericoloso, è solo assillante e petulante.
L’effetto deterrente di una norma ha valore nel momento in cui un soggetto deve decidere se compiere o meno un atto che viola una norma. A quel punto mettendo sul piatto della bilancia i pro (eventuali effetti positivi) e i contro (condanna) della propria azione, decide se commetterla o meno. L’esempio classico è quando scherzando tra amici si sente qualcuno che dice (riferendosi magari ad una truffa): se dovessi fare qualche cosa, ne dovrebbe valere la pena, mi dovrei sistemare a vita. Altrimenti il rischio non vale la condanna.
Purtroppo, la norma anti-stalking ed il codice rosso non hanno avuto questo effetto deterrente e preventivo nonostante una pena che è comunque importante. Perché? Purtroppo la risposta è molto semplice: lo Stalker non sa di esserlo e pensa di essere nel giusto.
Lo stalker e perché su di lui non ha effetto la funzione preventiva della norma penale.
Sebbene la normativa non faccia alcuna differenza tra le tipologie di stalker, la letteratura scientifica[2] si è spinta su questo piano ed ha individuato differenti categorie di stalker.
Il Risentito:
rientra in questa categoria il soggetto che tende a seguire i propri bisogni, che tende ad appagarsi dei suoi istinti e negare anche la realtà. Il risentito è alimentato dalla ricerca di vendetta e pensa di essere chiamato dal destino a vendicare le ingiustizie.
Il Bisognoso di Affetto:
è lo stalker che è sempre la ricerca di una relazione, di un’attenzione in ambito di amicizia o in ambito amoroso. Questa richiesta è diretta ad un partner idealizzato e il suo comportamento è alimentato dalla voglia di avere un feeling stabile con un’altra persona.
Il Corteggiatore Incompetente:
rientra in questa categoria lo stalker che non riesce ad entrare in sintonia con il partner desiderato a causa della sua incapacità nell’approcciare, nell’intrattenere rapporti interpersonali con persone dell’altro sesso.
Il Respinto:
è un soggetto che diventa tale in seguito alla fine di una relazione o di un rifiuto e, seppur consapevole del fatto che insistenza, minacce, pedinamenti, aggressioni e rappresaglie hanno l’effetto di peggiorare il suo rapporto con il soggetto, tuttavia non desiste anzi avvia una sorta di escalation.
Il Predatore:
è quello che ambisce ad avere rapporti sessuali con la vittima. Il suo comportamento consiste sempre nel pedinare inseguire ed anche spaventare la propria preda. La paura, infatti, sembra eccitare questo tipo di stalker che prova la soddisfazione e un senso di potere nell’organizzare l’assalto, nell’osservare di nascosto nel pianificare l’agguato senza preannunciarlo mediante minacce o palesare anzitempo le proprie intenzioni.
Tranne il predatore che meriterebbe un articolo a parte e che per fortuna è molto raro, gli altri sono fondamentalmente accumunati da uno stesso trait d’union. Ovvero non sanno di essere degli stalker perché pensano di essere nel giusto. Il bisognoso di affetto ed il corteggiatore incompetente pensano che faccia piacere quello cha stanno facendo anche se l’altra persona non lo vuole ammettere; mentre il risentito ed il respinto sono animati da una vendetta per il torto subito (a loro modo di vedere) giustificando le proprie azioni. Il predatore è differente, è la figura più pericolosa di stalker ed il suo atteggiamento deriva da una sua necessità di provare piacere ingenerando paura ed avere il controllo sulla preda.
Il problema è culturale e sociale.
Appare quindi pacifico che una azione preventiva non potrà mai trovare dimora nei confronti di chi crede di aver ragione a comportarsi in quel determinato modo. Da questi dati e questa analisi, posso ipotizzare che il problema della violenza nei confronti del proprio partner è un problema culturale e sociale che difficilmente si può prevenire con una legge. Questa può reprimere si (ed è sacrosanto che lo faccia), ma la repressione, dopo che si è arrivati ad un femminicidio (nei casi più estremi), è una sconfitta.
Sono necessarie campagne sociali di sensibilizzazione, campagne che promuovano il rispetto verso l’altro e soprattutto mai banalizzare o anche esagerare. Anche l’esagerazione sul fenomeno è sbagliata. Allargare il concetto di violenza fino all’estremo, cosa che si sta verificando sui social, ritengo abbia un effetto contrario. Sostenere che è violenza contro le donne tutti quei gesti di educazione, galanteria o rispetto (come per esempio pagare al ristorante o smettere di corteggiare una donna nel momento in cui lei affermi di essere già impegnata) perché è sinonimo del fatto che si considera la donna un soggetto inferiore e non allo stesso livello dell’uomo mi sembra una esagerata follia. Non solo. Personalmente ritengo questa prassi anche offensiva nei confronti delle donne che veramente hanno subito violenza.
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Note.
[1] Ovviamente non si vuole entrare nel merito della definizione della funzione general preventiva, special preventiva ed afflittiva della norma penale. La definizione sopra riportata è generica al solo scopo di far comprendere il concetto.
[2] Paul Mullen del Victorian Institute of Forensic Mental Health in Australia (Mullen e coll. 1999, 2001); MULLEN P. E., PATHÉ M., PURCELL R., STUART G. (1999): “Study of stalkers”, American Journal of Psychiatry.
2 commenti su “Stalking – Perché il Codice Rosso non previene la violenza?”
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Buona sera Collega.
Grazie per la segnalaizone.